Assimilazione, rifiuti da speciali a urbani: l’allarme delle filiere del riciclo
Uno stravolgimento del processo di assimilazione. Un solo colpo per cancellare il comparto delle imprese dell’economia circolare. Una crisi senza precedenti che rischia di affossare migliaia di imprese del settore del recupero e riciclo.
A lanciare il grido di allarme è Unirima, associazione nazionale che rappresenta le imprese del comparto della raccolta, recupero, riciclo e commercio della carta.
Da cosa deriverebbe questa crisi? Dalle modifiche apportate al “Pacchetto Economia Circolare”, che prevedono la trasformazione dei rifiuti speciali recuperabili prodotti da attività commerciali, artigianali e industriali, in rifiuti urbani.
Questa avrebbe gravissime ripercussioni in termini di efficienza e competitività, in quanto 30 milioni di tonnellate di rifiuti dovrebbero essere gestiti dai Comuni, sottraendoli al mercato del riciclo.
Le modifiche apportate al “Pacchetto Economia Circolare”, dunque, stravolgerebbero il meccanismo dell’assimilazione, costringendo alla chiusura migliaia di imprese del settore del recupero e riciclo con circa 20 miliardi di euro di fatturato, che hanno permesso al nostro Paese di collocarsi tra i primi a livello europeo in tale settore.
Inoltre “la trasformazione dei rifiuti prodotti dalle attività commerciali, industriali e artigianali in rifiuti urbani, non consentirebbe più il monitoraggio che avviene oggi tramite i documenti di trasporto (formulari di identificazione rifiuti). In questo modo i rifiuti speciali diventerebbero di fatto “invisibili” poiché i rifiuti urbani sono esentati dagli stessi adempimenti ambientali.”
Verrebbero meno, inoltre, le indicazioni europee. La nuova direttiva quadro europea sui rifiuti, infatti, si è posta come obiettivo quello di rendere il più possibile circolare l’economia europea, incentivando il recupero ed il riutilizzo dei materiali.
È stato quindi ampliato il perimetro dei rifiuti urbani anche a “rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti e che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici” solo per fare entrare nel computo degli obiettivi di riciclo le quantità raccolte di rifiuti speciali “simili” ai rifiuti urbani.
La decisione deriva dal timore di non avere impianti a sufficienza in vista dell’aumento futuro previsto per i rifiuti urbani, senza tener conto dell’effetto devastante che si otterrebbe sulle imprese che gestiscono i rifiuti speciali.
A oggi, circa il 60% delle 6,6 milioni di tonnellate di materia prima secondaria carta proviene dalla raccolta differenziata di rifiuti speciali effettuata presso attività industriali, commerciali e artigianali; il resto dalla raccolta differenziata dei Comuni.
Da circa 15 anni, nel nostro Paese l’offerta di materia prima secondaria carta supera abbondantemente la domanda degli utilizzatori, ma le restrizioni dei mercati esteri hanno effetti dannosi per tutto il settore e per le imprese italiane.
Le modifiche apportate allo schema del decreto legislativo di recepimento della direttiva europea 2018/85 stravolgono l’iter del processo di assimilazione. Ora all’esame delle commissioni Ambiente di Camera e Senato, nella forma attuale tali cambiamenti genererebbero difficoltà sostanziali all’industria del recupero e riciclo e agli obiettivi di sostenibilità che guidano l’azione europea da diversi anni.
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